La Politica

Durante l'arco della sua vita (1840-1922) Giovanni Verga è testimone di grandi rivoluzioni e di profondi sconvolgimenti politici, economici e sociali, che vedono i frazionati stati italiani trovare, infine, la propria unità nazionale sotto l'egida dei Savoia e dell'accorta politica di Cavour.
Nel 1837 Catania issa la bandiera gialla dell'indipendenza, nel 1847 è la volta di Messina, ma il più importante moto separatista scoppia a Palermo il 12 gennaio 1848. Il 25 gennaio il giovane Verga assiste all'insurrezione catanese contro le truppe borboniche che, nell'aprile dell'anno successivo (1849), al comando del generale Filangieri, occupano Catania e la saccheggiano. Fra i ribelli anche i contadini che si oppongono allo strapotere dei ricchi latifondisti.
La Sicilia chiede l'indipendenza e l'unione federale con gli altri stati italiani. La repressione è, però, terribile: il violento bombardamento di Messina ordinato da Ferdinando II gli vale il soprannome di "re Bomba". La rivoluzione si conclude nel maggio del 1849 con la presa di Palermo.

Giovanni Verga


L'11 maggio 1860, mille ardimentosi al seguito di Giuseppe Garibaldi, approfittando di una rivolta scoppiata a Palermo nell'aprile dello stesso anno, sbarcano a Calatafimi e, in meno di un mese, occupano tutta la Sicilia. L'avanzata di Garibaldi è accompagnata da rivolte di contadini che sperano di potersi liberare dalla secolare miseria impadronendosi delle terre. A Bronte, in provincia di Catania, i contadini insorgono contro i latifondisti. La rivolta, repressa nel sangue da Nino Bixio, è rievocata da Verga con straordinaria potenza nella novella Libertà.
Ventunenne, Verga vive l'entusiasmo e la speranza del 17 marzo 1861, data in cui il Parlamento di Torino proclama Vittorio Emanuele II re d'Italia. Non a caso scrive in questi anni Amore e patria, I Carbonari della montagna, Sulle lagune

Il popolo insorge in Bronte: cronaca di un massacro di Florestano Vancini (1972)

L'Unità d'Italia, tuttavia, dopo le prime delusioni, è sentita dal Mezzogiorno come una sorta di nuova dominazione. Al sud prevale il latifondo i cui mezzi di lavorazione sono antiquati ed insufficienti, le tasse sono aumentate (quella sul macinato ripristinata), le dogane abolite e, per dare un esercito al nuovo stato, è indetto il servizio militare obbligatorio. Provvedimenti impopolari, che inaspriscono l'animo dei contadini già esacerbato dalla miseria, fino a provocare forme di ribellione aperta e violenta. Cessati, infatti, gli entusiami di un periodo eroico, scivolati dalla "poesia alla prosa", si evidenziano i complessi problemi dell'Italia post-risorgimentale, in primo luogo quello costituito dalla enorme massa dei contadini, su cui gravano l'antica miseria ed il nuovo carico fiscale, mentre le terre demaniali e i beni ecclesiastici sono passati nelle mani della borghesia. Situazione particolarmente penosa nel Meridione dove dà luogo a brigantaggio, camorra, mafia, jacquerie.

Il monumento a Garibaldi, in via Etna a Catania

Una visione delusa del Risorgimento sarà pure ne I Vicerè e ne L'Imperio di De Roberto, ne I vecchi e i giovani di Pirandello e poi ne Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa.
La vicenda esistenziale di Verga coincide con questo travagliato periodo. Lo scrittore vive l'intima crisi che investe tutti i campi e la riflette nelle sue opere che hanno una precisa base storica.

Federico De Roberto

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